Risposta a "Lettera aperta a Giorgio Napolitano" (dal Blog ColosseoNews)
Caro Sandro,
I pensieri e
i sentimenti da te espressi nella lettera al Presidente Napolitano avevano
suscitato in me diverse perplessità. Oggi, a distanza di qualche giorno da
quella lettera e dalla formazione del governo Letta, il mio giudizio sulla
situazione del sistema Italia è estremamente negativo e preoccupato. Per questo faccio uso della possibilità
offerta dal Blog di postare un commento per condividere con te le mie
riflessioni, indirizzando dapprima il tema della rielezione di Napolitano e poi
quello sulla formula politica del governo.
La
Costituzione Italiana non prevede limiti ai mandati presidenziali. Nondimeno la
carica venne fissata a 7 anni, questo per evitare che un presidente potesse
essere rieletto dalle stesse Camere e per contribuire a svincolarlo da eccessivi legami politici con l'organo che
lo vota. Il Presidente Napolitano, dopo aver comunicato la sua non
disponibilità per un secondo mandato, di fronte ad una pressione politica molto
intensa, ha modificato il proprio orientamento chiedendo al tempo stesso
impegni per la formazione del governo che si sarebbe dovuto costituire. Qui non
siamo di fronte ad un padre generoso che prende per mano i propri figli e li
aiuta a crescere. Qui siamo di fronte ad una palese violazione dello spirito
della Costituzione e ad una deriva verso una forma di repubblica presidenziale,
assai pericolosa perchè non inquadrata in una riforma piu' ampia del quadro
costituzionale con una ridefinizione dell'equilibrio dei poteri e la soluzione
del tema del conflitto di interessi.
Il
presidente Napolitano compirà tra pochi giorni 88 anni. L'età del pensionamento
per i professori universitari è in generale fissata a 70 anni in Italia e a 65
in molti paesi della Comunità Europea.
La disponibilità di Napolitano ad accettare il peso gravoso di un nuovo
mandato non suggerisce in me il pensiero di un sacrificio per il bene
comune quanto quello di un giudizio non
adeguatamente ponderato sulle proprie possibilità e sul senso di tale scelta.
In qualche modo anche questo voler ignorare i limiti biologici che la natura ci
ha dato mi sembra ricollegrarsi quella
deriva presidenziale di cui dicevo prima,
più vicina però ai modelli
sudamericani che alla Repubblica
Francese.
La scelta di
Napolitano ha probabilmente evitato un lungo periodo di sede vacante ma ha di fatto rinviato il necessario
riassestamento ("rivoluzione"?) all'interno dello scenario politico
italiano. L'elezione di un
"nuovo" Presidente è solo rinviata e non risolta definitivamente. E'
questo realmente un vantaggio per il nostro paese che si deve scrollare di
dosso le alchimie politiche e concentre risorse e capacità per posizionarsi nel
contesto della nuova globalizzazione economica?
Passo ora a
fare qualche riflessione sulla formula di governo. Come condizione per la
disponibilità ad un secondo mandato, il Presidente Napolitano ha richiesto la
sollecita formazione di un governo e ha identificato (e di fatto imposto) come
formula di governo quella di "larghe intese" con la partecipazione di
PD, PdL e Scelta Civica. Questa imposizione da parte di Napolitano, a parte le
considerazioni sulla correttezza costituzionale, mi sembra estremamente
rischiosa per il paese in quanto egli, pur con l'intento dare un governo al
Paese, sembra non aver considerato
accuratamente le probabilità di una omogenea azione di governo da parte di
partiti assai distanti tra loro.
Qual è oggi
la situazione a poche settimane dalla formazione del governo? Con un PD
indebolito e disorientato e con Scelta Civica numericamente poco significativa,
il PdL sotto la guida come sempre abile e furba di Silvio Berlusconi è
diventato il partito forte della "coalizione". Perchè questo fatto
dovrebbe essere giudicato di per se negativo o controproducente per il
risanamento del del paese? Il PdL gode
del supporto di quasi dieci milioni di elettori e rappresenta un'espressione
politica significativa del nostro paese,
dove larghe fasce di popolazione si identificano in posizioni moderate o
addirittura conservatrici.
Il punto
cruciale è che il PdL non opera come una forza liberale e innovatrice,
espressione politica della Destra italiana, ma è finalizzato agli interessi
personali di Silvio Berlusconi. Con la scelta dei ministri e per gli uffici di
presidenza delle commissioni delle Camere, il Cavaliere ha mostrato ancora una
volta il suo volto. Sono state delegate persone a lui personalmente legate,
senza nessun rinnovamento generazionale. Berlusconi non è realmente interessato
al bene superiore del paese e al succcesso di quel governo di "salute
pubblica" a cui forse pensava Napoletano ma ha come stella polare della
sua azione politica l'esecizio spregiudicato del potere, l'immunità giuridica
della sua persona come pure la protezione e l'incremento del valore del suo
gruppo industriale. Questa è la vera anomalia italiana, questo è il motivo per
cui qualsiasi paragone tra il governo Letta con la larga coalizione tedesca non
ha fondamento.
Nutro grande
rispetto per il Presidente Napoletano ed il suo operato nel precedente
settennato, ma l'imposizione fatta attualmente da Napoletano a riguardo della
formula governativa confina con la cecità politica. Con l'ipoteca pesante della
priorità degli interessi "particulari" del Cavaliere e il suo
populismo di scopo elettorale, Enrico Letta
avrà grande difficoltà ad impostare una chiara azione di governo tra
sofferenza della finanza pubblica, regole del gioco imposte dalla comunità
europea e risposte concrete all'emergenza sociale (e eventualmente alla
crescita). Già negli ultimi giorni, dopo le luci della ribalta per la scelta
dei sottosegretari, è sceso il silenzio sull'azione del governo, e rimbomba
minaccioso solo lo slogan elettoriale del PdL
dell'abolizione e della restituzione dell'IMU. Le proposte elaborate dai
saggi (delle quali la stampa ha parlato pochissimo) sembrano lontanissime.